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La nostra Rožinca dei tempi andati

“Quanto manca alla festa di Maria Rožinca?”

All’epoca beata in cui il concetto di tempo non si era ancora insediato, capivo che stava per arrivare Rožinca quando nonna Mariuta cominciava a razionare le uova, dicendo: “queste qui, saranno per le gubance”. Chiedevo: “Ma fra quanto arriva Rožinca?” e quale che fosse la risposta, mi sembrava sempre che mancasse tanto, tanto.

…Poi arrivava il grande giorno e fin dal mattino, in ogni casa, si stirava e si correva da una stanza all’altra per trovare gli accessori: le stecche da infilare nei colli delle camicie da uomo, due calze di nylon senza smagliature e dello stesso colore – ancora non c’erano i “collant” – il foulard o il velo da mettere in testa, qualche soldino per l’offerta, il libro delle preghiere… Non c’era ragazza che non avesse in testa, già dalla sera precedente e fino all’ultimo minuto, i bigodini. Ci pettinavamo a lungo riflesse in quegli specchi dalla cornice severa, immancabilmente appesi obliqui alla parete della “izba”, incuranti del fatto che poi, in chiesa, occorresse coprire la testa. Risalendo il sentiero per arrivare alla chiesa calzavamo le pantofole di velluto nero e solo all’ultimo le cambiavamo con i tacchi che portavamo sottobraccio, avvolti in un sacchetto di carta. Le pantofole finivano sotto un cespuglio.

“Rožinca je naša” Ed. Coop. Most 2007 pp. 10 e 14

Foto: © Pietro Trusgnach, Giuliano Ruttar, AA.VV. – Riservati i diritti!