Salta al Menù principale Salta al contenuto principale

Žličinki

Con gesti scattanti, rumor di coccio e fluidi giri di polso, il cucchiaio affonda nell’impasto ben molle di farina ed acqua, ne separa una piccola quantità e la lascia cadere nell’acqua bollente già salata.

Non dall’alto bensì adagiata nell’acqua e lì si stacca lentamente e sprofonda per restare sul fondo, pallida ed esangue creaturina dei fondali, senza forma, già più grande del voluto.

Ci si prova sempre a farli più piccoli ma loro non ci stanno e, nell’acqua, crescono.

Una smossa al padellino dove frigge il lardo a fettine, pian pianino perché non bruci e fonda fino a rendere secchi, rossastri, quasi trasparenti e ben croccanti gli ocvierki.

Il profumo che si diffonde attiva le ghiandole salivali, scatena i succhi gastrici, acuisce la fame e rende interminabile la breve attesa.

Com’erano gli žličinki una volta? Buonissimi.

Enormi – occorreva farli a pezzi con la forchetta – tutt’altro che morbidi e pesantemente unti. Erano il grasso del lardo soffritto e i ciccioli a renderli mangiabili.

Un piccolo ammasso di farina e acqua, lessato per qualche decina di minuti, che sapore poteva avere? Serviva da supporto agli ocvierki, quelli sì gustosi e calorici.

Dopo una mattinata trascorsa a lavorare nei campi – e la giornata di lavoro cominciava all’alba – qualsiasi cosa avessero servito per il pranzo al sacco aveva il sapore straordinario del sano appetito per non dire della fame, quasi sempre arretrata.

Gli žličinki erano un piatto ricorrente, riempivano molto e costavano poco.

Il lardo era quello del maiale di casa, allevato ad avanzi, castagne, rape e poi ucciso, senza scrupolo.

Un po’ di vino, anche quello di casa, e il pranzo era servito.

Poi ci siamo raffinati. All’impasto aggiungiamo un uovo, le cucchiaiate sono minuscole, da piccolo boccone educato e il condimento può variare: ci può stare qualsiasi sugo, di tradizione o di nouvelle cuisine, perfino il pesto genovese. Gli ocvierki restano insuperati, però. Magari di lardo D.O.C. o di guanciale ma cambia poco.

I primi žličinki cominciano già a sollevarsi dal fondo con indolenza e fluttuare a mezza pentola, che le ultime cucchiaiate crude sono ancora una massa informe nella ciotola.

Velocemente finisco di scucchiaiare e chiamo a raccolta gli affamati, momentaneamente stregati dal profumino del soffritto ma pronti a lamentarsi – di fronte all’assoluta e inattesa novità – che non provenga da una carbonara, un’amatriciana, uova e pancetta almeno.

Eh no, stavolta difenderò i rustici žličinki della memoria e farò anche in modo che non ci siano alternative, così che debbano mangiarli: così entreranno nel sangue anche a loro e torneranno alla mente ogni volta che un ricciolo di lardo, sciogliendosi, riempirà la casa di una fragranza capace di rendere capanna, caverna, pozzo senza fondo, il loro pancino viziato.

Preparazione: Impasto molle di farina di frumento e acqua, da lessare in acqua bollente a piccole cucchiaiate. Scolare e condire al massimo piacere cioè con grasso di lardo soffritto e, tassativi, gli ocvierki (trad. ciccioli).