Salta al Menù principale Salta al contenuto principale

Le gioie domenicali grazie all brodo di carne

Beh, già che sei qui, portala a casa tu, questa carne, che tua madre mi ha ordinato per brodo, con l’osso. E ti pareva. Bastava questa frase e già sentivo l’odore che esalava la carta giallo polenta in cui il pezzo di carne veniva avvolto, sempre scarsa la bianca carta oleata frapposta a protezione e, in ogni caso, fradicia e a brandelli rosati. Odore ferroso, consistenza cedevole, pesante. Toh, porta alla mamma e stai attenta che gocciola. Avrebbe dovuto dire anche: attenta a non perdere l’osso.

Poi arrivava la domenica e, puntuale, il profumo della colazione veniva contaminato e sopraffatto dall’effluvio e dai vapori del bollito. E non era raro che mamma dicesse di badare al brodo e: “Chiamami quando sta per bollire, che devo schiumarlo”. Di guardia al lesso, ti mettevano, e c’era sicuramente di meglio. Non avendo scelta, fissavo la superficie ancora immobile sperando che si sbrigasse e seguivo il lento affiorare a pelo d’acqua di una schiumetta grigiastra che si concentrava a ridosso del bordo pentola o andava a circondare la cipolla ormai bocconi, come il sedano che ne imbarcava una quantità, mentre altre verdurine, incastrate nei fondali, si muovevano lentamente a mo’ di alghe, sospinte dalla fisica delle correnti. Mica niente da gioire. Presagio di minestrina. Anellini. Che solo da crudi meritavano il diminutivo. E neanche il pezzo di carne, dai tanti e spesso decantati pregi, sollevava un’ombra di entusiasmo. Usava servirlo senza scegliere o, meglio, senza separare la parte scura, ben più passabile, dalla chiara, molle e bianchiccia, intollerabile già alla vista.

In queste meste considerazioni perdevo la concentrazione e le onde brodose, ribollenti mio malgrado, travolgevano la superficie e gli spruzzi, sul piano arroventato della stufa, producevano rumor di sparo, seguiti da nuvolette di vapore e ancor di più, odor di lesso. E la schiuma? Ma maaaamaaaaa! Non c’era mica! Posso andare fuori adesso?